venerdì 25 dicembre 2009

Buon Capodanno

Dopo quella boiata di festività che è Natale arriva Capodanno. Ed io, mi sento di fare gli auguri a:


tutti quelli che amano la musica

chi ha una passione

quelli gli amici un po' strambi che ancora non ho capito se sono grandi artisti o solo dei ciarlatani

tutte le persone che non perdono la calma

tutti i miei amici tatuati

quelli che non nascondo la loro vena country

le belle fighe

chi si sa divertire anche quando c'è poco da ridere

le famiglie

chi ama la natura

i fumatori

quelli che viaggiano sempre

chi ama travestirsi

quelli che non si fanno mettere i piedi in testa

chi ama leggere

le coppie innamorate

i signori grassi e arrabbiati

agli snodati

chi perde facilmente il controllo

chi si gode la vita

gli amanti degli animali

chi ci prova in tutti i modi ma non ci arriva

quelli che amano ballare

chi ha in mente soltanto quello

quelli che vorrebbero avere delle belle idee

le mie amiche

mercoledì 16 dicembre 2009

I cambiamenti

E' facile dire "il cambiamento è sempre positivo" oppure "meglio cambiare no?" come diceva quella nota subrette in televisione con accento inglese che promuoveva le tariffe della Tim.
(Che poi io di operatori mobili non ci ho mai capito un bel niente, potrei avere la tariffa meno conveniente della terra e non rendermene conto. Ma soprattutto se cercassi di cambiarla incapperei sicuramente in una qualche truffa che mi riporterebbe alla condizione iniziale, meglio la stasi quindi). Detto questo a me i cambiamenti fanno paura, banalotta? Neanche tanto. Non ho mai capito se tutta questa mia insicurezza dipenda dal proverbio "Chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quel che perde ma non quel che trova" e da quanto confidi in esso oppure essenzialmente dalla stasi che mi accompagna da 22 anni, ossia perchè sono pigra.Ma così pigra da trovare faticoso e snervante lavarmi i denti prima di andare a dormire.Così abulica ed oziosa che piuttosto di uscire la domenica pomeriggio fumo i mozziconi di sigaretta e mangio il cibo del gatto.

Tornando ai cambiamenti, cosa c'è di positivo ad esempio nel traslocare e cambiare casa? Nulla. Solo scatoloni, scatolette, scatoline, un mare di vestiti di cui non sai cosa fartene che non riesci a buttare ma non vuoi nemmeno tenere, la tristezza sul volto dei coinquilini, il doversi abituare ad i rumori di una nuova casa, rifare i contratti di luce, gas, telefono. Quindi nulla.

Altro esempio: il taglio di capelli.
Per quale dannatissima ragione noi donne ci ostiniamo a tagliare i capelli quando sappiamo perfettamente qual è il taglio che ci sta meglio fin dal principio. Ci lasciamo affascinare dal parrucchiere che con quelle dannate forbicette inizia a dire "io accorcerei sai?" oppure "io sfoltirei" o meglio ancora "ma se facessimo una frangetta?". E anche in questo caso, il cambiamento si rivela tristemente sbagliato: i capelli sfoltiti, accorciati o con frangetta non stanno in nessun modo e ti fanno sembrare uno spaventapasseri di milano.

Ennesimo esempio: passare dalle lenti giornaliere a quelle mensili.
Che uno dice "figata risparmio!" senza rendersi conto che se prima le lenti giornaliere quando era ora di andare a dormire le lanciava da sotto il piumone per terra sbattendosene altamente, ora con quelle mensili è costretto a toglierle, sciacquarle con il liquidino e metterle nel contenitore. Se prima con quelle giornaliere il pisolino ci scappava ora con quelle mensili se ci scappa ci scappano anche gli occhi di cemento.

E ancora uno: dal limone delle medie alla prima scopata.
Se alle medie avresti pagato milioni SOLO per limonare continuativamente per 17 ore con il tipello che tanto ti piaceva (che a rivederlo ora su facebook ti domani che cosa ti potesse davvero piacere di uno che ha gli incisivi di papà castoro ed il sex appeal di Dodò dell'Albero Azzurro), superata la pubertà decidi di approfondire il tuo rapporto con l'altro sesso (o in molti casi con lo stesso sesso) ma subito dopo il primo memorabile rapporto sessuale in posizione missionario della durata di 4 minuti ti domandi "chi me lo ha fatto fare?". Questa domanda si ripercuoterà assiduamente nella tua testa tutte le volte che di notte da ubriaca crederai di aver trovato l'uomo della tua vita, nonchè sosia di Cesare Cremonini, mentre la mattina dopo da sobria urlerai per l'orrore di trovarti di fianco ad uno che assomiglia in tutto e per tutto a Paolo Brosio.

Altro esempio ragionevole potrebbe essere: passare dai calzini ai gambaletti.
Arrivati ad un certo livello di maturità si inizia sempre a dire "non posso continuare a mettere calzini a pois per tutto il resto della mia vita" e si finisce sempre per comprarsi i gambaletti. Ora io dico, perchè? Se gira che ti rigira sappiamo tutti quanto siano fastidiosi sotto i pantaloni, per non parlare di quel doloroso segno taglia polpaccio che si forma nel 90% dei casi. Rimaniamo con i calzini e basta inutili lamentele sulla caviglia che si vede.

O ancora: cambiare il cellulare.
Che bello finalmente hai il cellulare nuovo, multi touch screen, fotocamera da 7.8 mega pixel, gps, wi-fi, tastiera qwerty e ogni sorta di accessorio poli multi funzionale. Peccato che quando finalmente sposti la sim dal vecchio nokia scassone al nuovo stupendo palmare la tua rubrica che constava di 465 numeri sparisca nel nulla.

Arriviamo dunque alla strampalata conclusione di questo post che è tutta dedicata a Courtney Love. Courtney eri sulla cresta dell'onda, andavi a letto con il musicista grunge amato da ogni ragazzina del mondo, si è sparato ma tu eri bella, comunque bella, avevi un tuo gruppo musicale di fichette secche che facevano canzoni orecchiabili, perchè hai dovuto ricorrere al botox? Era meglio la stasi.





martedì 8 dicembre 2009

Se ti chiami Anna la tua vita è già un po' segnata.



Mi sono operata 7 giorni fa e ancora il mio naso non è tornato in condizioni ottimali. Freno subito le malelingue "No, non mi sono rifatta il naso" e "No, non mi vedrete con un naso diverso dal mio naso di sempre" ma soprattutto "No, non volevo sfruttare questa operazione NECESSARIA per trasformare la mia faccia e sfondare in campo pubblicitario come nuova ragazza immagine del rossetto Pupa". Avrei potuto chiaramente dato il mio fisico longilineo e slanciato, ma anche no.

Vorrei dare spazio in queste righe allo sfogo di tutti quelli che nella vita hanno mai subito un'operazione al naso. A tutti quelli che hanno provato il dolore estremo di togliere un tampone dal naso. A tutti quelli che una volta si sono presi un pugno sul naso o lo hanno avuto dolorante e tappato per più di 5 giorni. Questo post è per voi e le vostre nari.

A livello personale l'ospedale rappresenta tutto quello che mi indispone maggiormente: la malattia, i bambini, i vecchi e le iterazioni che possono avvenire tra queste tre costanti. Ma soprattutto ciò che mi irrita è il dover forzatamente condividere informazioni strettamente personali con estranei, i quali, con la prerogativa di essere FONDAMENTALI per la tua salute si prendono la briga di esporre loro personali impressioni ed opinioni indossando ai piedi degli zoccoli.

L'operazione per me è un blank. Non ne ho ricordi. Da brava temeraria quale sono, di fronte alla possibilità di essere partecipe e attiva o totalmente addormentata mediante anestesia totale ho scelto la mascherina. Quattro boccate e chi si è visto si è visto.L'ultimo ricordo tangibile è quel burlone dell'anestesista che mi fa "Adesso respira qua, che poi ti addormentiamo".

La prima persona indisponente con cui ho avuto il piacere di confrontarmi dopo l'operazione è stata l'infermiera Elvira, la quale con il tatto di una massaia che sbatte la pasta per la pizza per compattarla al meglio, mi ha detto "Non ti bastavo tutti quegli orecchini in faccia, sei anche tutta disegnata", tutto questo durante la difficilissima operazione che mi vedeva protagonista nel passare da una barella al letto della mia camera con addosso soltanto un paio di mutande e un camice trasparente ed aperto sul davanti. Elvira, sul momento non ho avuto parole per ribattere al meglio, ma ora ci ho riflettuto e ti dico allegramente "Ma fottiti".

Il secondo è stato l'infermiere Franco che serafico alle 4 di notte ha acceso tutte le luci nella mia stanza e mi ha chiesto, dolcemente con il suo accento valdostano: "Dormi?". Anche per te Franco non ho avuto parole, ma le ho ora "Ma fottiti".

La terza persona di cui voglio parlare è la mia dottoressa, la quale, visitandomi non solo è riuscita con un semplice movimento della mano a toccare tutti i punti esterni più dolorosi, ma qualche giorno dopo, togliendomi il tampone, a farmi provare il dolore più tremendo ed acuto che possa esistere sulla faccia della terra. Di fronte al mio viso devastato dalle lacrime ha anche aggiunto "Forse dovevo bagnarlo un po'." Anche per te Silvia non ho avuto parole pronte e dirette, ma le ho ora "Ma fottiti".

In questo clima di artica freddezza dove Silvia regna dispotica ricordando nei gesti, nelle parole e nei baffi il Fuhrer, una sola ed unica persona ha saputo dimostrare la compassione umana di cui tanto parlano la domenica i parroci: l'infermiera Anna.

Anna è stata la prima a chiamarmi per nome, a chiedermi se desiderassi un antidolorifico, a portarmi la camomilla, a farmi le flebo, a dirmi quelle falsità che una persona nella mia condizione necessita di sentirsi dire "Tranquilla, domani starai molto meglio".

Una donna con il naso uguale a quello di Cristina Ricci in "Penelope", che si sente un wurstel infilato su per il cervello, con l'occhio destro quasi totalmente chiuso e lacrimante, la faccia gonfia, un pigiama con le renne comprato da sua madre, i capelli sporchi e l'energia vitale di un sasso ha bisogno di una parola di conforto.

Ci sono alcuni nomi che segnano perfettamente il destino di una persona. Nel momento in cui i tuoi genitori decidono di chiamarti Katrina sanno perfettamente dove andrete a parare te e le tue bocce, così come se ti chiamano Salvatore sanno che il peso del Mezzogiorno graverà sulle tue spalle. Ci sono i nomi inglesizzanti storpiati, quelli ripresi dalle marche di abbigliamento, quelli pretenziosi, quelli triti e ritriti (Matteo e Luca), quelli che vanno di moda (ad esempio Martina sul finire degli anni' 80 è diventato una vera e propria mania, ma devo ringraziare questa ondata e il fatto che mio padre si lasciasse facilmente influenzare se attualmente sulla mia carta di identità non c'è scritto Selvaggia o Donna) e quelli tramandati inspiegabilmente dai nonni. Ognuno poi ha una lista di nomi che, per un motivo o per un altro, odia. Io detesto tutti quelli da milanese borghesuccia arricchita tipo Ludovica (che tutti chiamano "la Ludo"), Beatrice (che diventa inevitabilmente "la Bea") e Caterina ("la Cate"), mentre adoro quelli vecchi un po' tradizionali come Teresa, Margherita, Primo, Marino. Ma chi mi conosce lo sa, sono vecchia dentro.

Prima di questi giorni di tremendo cordoglio non avevo mai riflettuto sui nomi in generale (esclusi i classici sfoghi giovanili su quanto si odi il proprio nome che ti fa sembrare una comunistella pacco con la kefia) ed in particolare sul nome Anna, ma ora posso affermare con assoluta certezza che Anna è un nome da maestra, da zia buona, da infermiera, da ragazzina tanto dolce quanto sfigata con i capelli rossi. Anna è un nome positivo. Facendo una carrellata rapida di tutte le Anne che conosco non ne trovo una che non mi vada a genio.

L' eccezione che conferma la regola potrebbe essere data dall'Anna di Battisti che proprio santa non era, ma anche lì, alla fine, il porco bastardo era lui.